SANTUARIO MADONNA DEL PIANTO - ALBINO

 

LA CAPPELLA DELLA SANTA CROCE

Il Santuario della Madonna del Pianto, nella parrocchia di Albino, è situato all’ingresso del paese sul margine della strada per Clusone. La sua origine non risale ad una apparizione, ma ad un miracolo avvenuto davanti alla statua dell’Addolorata, venerata in una cappella della chiesa dedicata alla Invenzione della S. Croce. Parlando con maggiore precisione si tratta di un gruppo statuario che rappresenta la cena commovente di Gesù deposto dalla Croce. La Vergine Addolorata seduta, stringe fra le braccia il figlio morto disteso sulle ginocchia.

Alla destra vi è l’apostolo prediletto S. Giovanni che tiene nella mano un pannolino. Alla sinistra si vede la Maddalena peccatrice convertita, che offre al Martire Divino l’aroma del più sincero dolore e del pianto che ha cancellato i suoi traviamenti. Non è opera artistica; pare risalga al 1500; dipinta la prima volta da Valerio Lupi il 21 dicembre 1599 e ritoccata nei colori altre volte in seguito. Sappiamo dalla Storia che, specialmente dopo il miracolo che racconteremo, la venerazione per questa sacra effigie fu viva non solo ad Albino, ma in tutta la provincia di Bergamo. Lo riconobbe lo stesso S. Carlo nella visita apostolica ad Albino nel 1575. Lo confermano i nostri Vescovi diocesani: Monsignor Ruggeri nel 1700, Monsignor Redetti nel 1798, Mons. Speranza nel 1861 ed altri ancora. Di questo culto antico e mai interrotto parlano anche alcuni storici: Donato Calvi, G. Maironi da Ponte, Flaminio Cornaro. La Vergine Addolorata gradì sempre questa profonda devozione al suo Simulacro e la volle premiare con un prodigio strepitoso.

 

ORRENDO DELITTO

Circa l’anno 1651 viveva nel paese di Parre in Valle Seriana un fanciullo: Paolo Bigoni di Gherardo. Essendo di famiglia molto povera, all’età di soli 10 anni fu collocato come famiglio presso un pastore in Val Gandino. Mentre conduceva le pecore al pascolo avvenne che un giorno fosse spettatore innocente ed inosservato di un orrendo delitto. Alcuni briganti assalirono a mano armata un povero viandante, lo derubarono di quanto aveva e poi lo abbandonarono sulla strada coperto di ferite in seguito alla quali morì. I malandrini stavano per fuggire ma quando s’accorsero che il fanciullo Paolo ad una certa distanza, era stato testimone di quel vile assassinio, temendo che presto o tardi li avesse a denunciare all’autorità, ovvero ai famigliari, assalirono Paolo e per nulla impietositosi dalle sue lacrime e invocazioni, gli recisero la lingua fino alle fauci, rendendolo completamente muto.

L’infelice fanciullo per quattro anni si aggirò per i paesi della valle stendendo la mano, mendicando un pezzetto di pane per campare la vita, suscitando compassione, ma non aiuto nei compaesani. Alla fine poté trovare posto come garzone in una fucina di Nembro. Poco dopo però fu licenziato e dovette lasciare Nembro e riprendere la via per il paese natio, Parre. Ma ecco che arrivato a Fiorano si incontrò con suo padre, ottimo cristiano. Scoraggiati nel veder svanita ogni speranza umana, si rivolgono con tutta fiducia alla Madonna e decidono di recarsi alla chiesetta del Pianto di Albino per invocare conforto e soccorso. Era il 18 settembre 1655. Si inginocchiarono devotamente davanti alla sua cappella e con gli occhi fissi al Simulacro, con tutto l’ardore della Fede, il padre recita tre Pater  e Ave esortando il figlio a ripetere mentalmente queste preghiere. Aggiungono anche il Credo.

 

IL MIRACOLO

Appena terminata la recita del Credo, il fanciullo sentì riempirsi la bocca come da un favo di miele e nello stesso tempo sentì ritornata normale la lingua mozzata. Il fanciullo emette un grido di gioia e comincia a parlare speditamente. Padre e figlio sono fuori di sé dallo stupore, si abbracciano teneramente, ringraziano con lacrime la Celeste Benefattrice e riprendono la via per Parre.

Quantunque non vi fossero allora mezzi di comunicazione all’infuori della parola diretta, pure la notizia strabiliante, si diffuse in un lampo per tutta la Valle Seriana, in tutta la provincia e più oltre, suscitando, come è facile immaginare, intensa commozione, generale entusiasmo.

Il Cornaro scrive che il Vescovo di Bergamo, Monsignor Luigi Grimani, ordinò allora un severo processo di quanto era avvenuto. E la Commissione incaricata, dopo lungo e severo esame, riconfermò l’autenticità del miracolo.

Nel Vangelo e nella biografia di alcuni santi leggiamo che sovente hanno ridonato la favella a tanti infelici muti dalla nascita ovvero divenuti tali in seguito. Ma si stenterà a trovare che sia ridonata la lingua e con essa l’uso della parola, a chi ne mancava completamente. Il fanciullo Bigoni contava quasi 16 anni quando fu miracolato.

Si sposò a 29 anni, sopravvisse al prodigio 38 anni, morì piamente a 54 anni sempre profondamene devoto e grato alla Vergine Addolorata, sua Celeste Benefattrice.

Questo miracolo della lingua tagliata e rispuntata dopo quasi 4 anni risvegliò e aumentò grandemente la devozione alla Madonna del Pianto. Tale aumento si è sempre manifestato sotto forma di feste e funzioni religiose, di pellegrinaggi, di Messe votive solenni e private, di grazie ricevute, di privilegi concessi a cui facevano seguito opere di restauro e di abbellimento del Santuario.

Cosicché ben presto si ebbe un regolare servizio religioso con la presenza stabile di un sacerdote.  Soltanto dove vi è un sacerdote che svolge con zelo il suo ministero, la vita di una Santuario è fonte di vita e di grazie per le anime.

In tempi passati il clero bergamasco era più numeroso di quanto lo sia al presente, mentre il numero delle anime e quindi le esigenze spirituali oggi si sono moltiplicate. Nel 1738 nel solo paese di Albino vi erano più di 30 sacerdoti residenti e tutti con mansioni particolari.

Tale abbondanza di sacerdoti non solo fa supporre, ma assicura che al Santuario della Madonna del Pianto, non sia mai mancato il servizio religioso, specialmente quello della Messa quotidiana. Lo confermano documenti di archivio parrocchiale precise disposizioni di Vescovi diocesani, fra i quali il B. Gregorio Barbarigo nel 1659, Monsignor Ruzzini nel 1700, il Card. Prioli nel 1710. Anzi di alcuni cappellani del Santuario si ricordano anche il nome e cognome, quali sarebbero D. G. Battista Signori nel 1710, D. Giacomo Carrara nel 1730, D. Filippo nob. Spini nel 1743 e altri ancora.

 

 

DON FRANCESCO BONOMELLI

Ma il servizio assiduo, ininterrotto, inizia nel 1876, quando il custode del Santuario Giuseppe Moroni preparò la dimora fissa al primo cappellano effettivo, che fu Don Francesco Bonomelli. Sono due persone che non possono essere dimenticate nella storia del Santuario: sono due anime per le quali la Madonna è stata il più alto ideale della vita. Tacerne completamente sarebbe un torto imperdonabile.

Don Francesco Bonomelli nativo di Albino, si può chiamare non appena il primo cappellano residenziale del Santuario, ma anche e specialmente il più infaticabile apostolo della Madonna del Pianto. I suoi primi anni di sacerdozio li aveva impiegati quale maestro elementare dei coloni dei conti Spini. Era una categoria di alunni coi quali si trovava molto bene. Quando poi Giovanni Moroni costruì la nuova casa accanto al Santuario, Don Bonomelli fu chiamato a inaugurarla dalla fiducia dei Superiori. E quello fu il campo prediletto dove esercitò un fecondissimo apostolato mariano. Umile, semplice, delicato, accoglieva i pellegrini con ogni affabilità, celebrava le funzioni richieste con grande spirito di fede, sedeva lunghe ore in confessionale. Mai stanco o annoiato, scioglieva dubbi, quesiti, ridonava la grazia divina, la serenità, la pace della coscienza. Soltanto alla Madre Celeste è noto quanto D. Bonomelli ha faticato onde propagare la sua devozione alle migliaia di pellegrini che ogni anno si recavano al suo Santuario per trovare un conforto nei dolori della vita.

Al più intenso ministero sacerdotale, D. Bonomelli accoppiò anche una saggia attività per il maggiore decoro del Santuario che era tutta la sua vita, come egli si esprimeva.

Anzitutto come antico insegnante della nobile famiglia Spini ottenne di poter rilevare dal muro di loro casa un prezioso e antico affresco della Addolorata che fece sistemare sopra la porta della cappella della Madonna dove avvenne il miracolo. Più tardi e precisamente nel 1909 fu collocato nella sala della fabbriceria onde salvarlo dalle intemperie stagionali. Poi volse tutte le sue premure per sistemare la stessa cappella primitiva. Era tanto piccola che a stento poteva contenere dieci persone in piedi. D. Bonomelli la fece allungare sette metri e vi fece costruire una graziosa cupoletta alta otto metri. Ma il problema della capacità non era risolto. Aumentando sempre più il concorso dei devoti, si imponeva l'ingrandimento della attigua chiesa dedicata alla S. Croce, D. Bonomelli affrontò il grave problema acquistando nel 1887 dalla provincia il terreno che circondava la chiesa stessa. Intanto cominciò subito a mettere in comunicazione la chiesa della S. Croce colla cappella della Madonna mediante una porta laterale. In ·tal modo coloro che non possono pregare in questa, possono trattenersi in quella. E' quanto avviene anche al presente. Intanto nel 1884 promosse la costruzione di un nuovo organo, di un nuovo pulpito e l'acquisto di arredi sacri.

Alla fine, stremato di forze, dovette essere ricoverato presso la Casa del Clero a Bergamo per curarsi. Mentre però sognava ancora il ritorno al suo amato Santuario, la Madonna nel 1895 chiamava il suo servo fedele al premio eterno, dopo 20 anni di servizio nella sua santa casa. II suo nome è ancora ricordato dagli Albinesi e sarà sempre trasmesso in benedizione.

 

GIUSEPPE MORONI

Accanto a D. Bonomelli dobbiamo subito collocare la figura di Giuseppe Moroni, custode del Santuario. Sono due anime gemelle, due cuori uniti, accesi da un'unica fiamma, quella di una ardentissima devozione alla Madre Celeste. Chi scrive, ricorda ancora dopo molti anni la sua figura tanto simpatica: il capo leggermente inclinato, la fronte spaziosa, il volto d'asceta, gli occhi espressivi, le labbra atteggiate a lieve sorriso, il libro di pietà o la Corona del Rosario in mano ogniqualvolta non era occupato nel lavoro. Questo era il Moroni veduto esternamente. L'interno era un profumo di virtù note solo a Dio.

Egli considerò la sua umile mansione di custode come "impiego più onorifico affidatogli dalla Madonna e a questo sacrificò la sua vita con una completa dedizione, con tutto l'ardore del suo cuore. Dopo avere spesa tutta la sua lunga vita al servizio del Santuario, ricco di meriti veniva chiamato a ricevere il premio eterno.

Tanto la sua morte come quella del primo cappellano residenziale D. Bonomelli Francesco furono un vero lutto per Albino. Quale sincero attestato di profonda gratitudine venne eseguito di ambedue un ritratto a olio che viene conservato nella sagrestia del Santuario.

 

IL SANTUARIO AMPLIATO

Dieci anni dopo l'acquisto del terreno, nel 1898 venne attuato l'ingrandimento del Santuario allungandolo di sette metri verso la strada provinciale. Poco dopo venne sfondato il muro retrostante al presbiterio, arretrato l’altare maggiore, ricavato un magnifico coro al centro del quale fu collocato sulla parete il celebre quadro della Pietà del Talpino. Furono pure sistemati i quattro altari laterali. La bella cupola centrale, sostenuta da quattro colonne, solleva il pensiero e il cuore in alto.

Il pellegrino che per la prima volta entra nel Santuario resta sorpreso osservando la sontuosità, la profusione , i quadri di valore, gli affreschi, gli stucchi artistici

Ma quello che più colpisce è il grande numero di ricordi, di cuori d'argento, di quadri votivi antichi e recenti che confermano la bontà della Vergine nel consolare quanti La invocano con fede viva.

Allora il pellegrino si porta nella vicina cappella del miracolo, si inginocchia davanti al taumaturgo Simulacro dell'Addolorata, a Lei apre il suo cuore, confida le sue pene, cerca luce, conforto per sé e per i famigliari, per l'anima e per il corpo, per gli ammalati e per i sani. Di quanti drammi intimi è testimonio quella cappella; quante ansie ha consolato la Madonna del Pianto, quante lacrime asciugate.

E la Vergine che nella sua vita terrena fu sempre accompagnata dal pensiero della ignominiosa morte che attendeva il Figlio adorato, Lei che tante lacrime ha versato prima e dopo la morte del Figlio, Lei che ha pianto a Treviglio, a Clusone, a Ponte Nossa e in altri Santuari, resterà forse indifferente vedendo i suoi figli gementi, imploranti ai piedi suoi? Per gli albinesi il Santuario del Pianto è il centro della vita religiosa, l'asilo santo dove si rifugiano in cerca di conforto nei giorni più tristi della vita.

 

INCORONAZIONE

Tante consolanti vicende, tante glorie accumulale in due secoli e mezzo intorno al Santuario fecero sorgere, alimentare nel cuore degli albinesi l'ardente desiderio di vedere presto incoronata la Taumaturga Madonna del Pianto.

Invece il 2 agosto 19,14 scoppiava la guerra europea e il 24 maggio 1915 anche l'Italia veniva travolta nel sanguinoso conflitto, Gli albinesi non si diedero però vinti e proprio in tale arroventato clima di guerra i combattenti stessi per i primi aprirono la sottoscrizione per l'acquisto della Corona d'oro.

Intanto il prevosto di Albino Bezzi don Ercole, inoltrava la domanda della incoronazione al Capitolo Vaticano di S. Pietro con l’approvazione del Vescovo Luigi M. Marelli, e il prof. Don Roncalli, oggi Cardinale-Patriarca (poi B. Papa Giovanni XXIII) lo recava a Roma presentandola presso il competente dicastero.

Era l'agosto 1916. Due mesi dopo il Capitolo Vaticano notificava al prevosto di Albino l’autorizzazione di procedere alla incoronazione della Madonna del Pianto dando l'alto incarico al Vescovo diocesano.

Il Comitato esecutivo però giustamente rimandò la solennissima cerimonia a guerra finita.

E finalmente Albino nei giorni 19·20·21 settembre 1919 celebrò spettacolari festeggiamenti culminati colla incoronazione della taumaturga Madonna del Pianto. La corona è tutta di oro, purissimo, è tempestata di pietre preziose.

Innumerevole la folla accorsa da tutta la Valle Seriana per assistere al trionfo di Maria.

Prima di chiudere piace ricordare il compianto Mons. Remigio Negroni, che fu Curato zelantissimo ad Albino dove diresse infaticabile il lavoro di preparazione alle feste dell'Incoronazione e scrisse un ampia e documentata monografia di questo Santuario.

Chiediamo alla Madonna del Pianto che protegga sempre in modo particolare la nostra gioventù tanto insidiata. E proprio nella gioventù susciti ancora generose vocazioni al sacerdozio perché possano comunicare alle anime i meriti, i frutti della passione e morte del suo Figlio Divino.